Art
Wassily Kandinsky, 1913
"Composizione VI"
Chiara Franchi
1 set 2017
Dalla piramide della visibilità alla piramide della credibilità
Fino agli anni ‘90 il rapporto azienda-cliente avveniva secondo un principio discendente, in cui le aziende gestivano in maniera esclusiva il processo di comunicazione, dei trend e del sapere del pubblico, trattandolo alla stregua di un individuo passivo il quale “subiva” i driver imposti dalla aziende.
In seguito, a partire da metà degli anni ’90, grazie al fenomeno crescente della convergenza culturale, di cui si è parlato negli articoli di maggio di quest'anno (2017), si è arrivati ad un mutamento nelle menti del pubblico che grazie alle innovazioni tecnologiche ha ribaltato il paradigma azienda-cliente, ridefinendolo “grassroots”.
Il pubblico acquisisce gli strumenti per esprimere la propria opinione e trovare persone che la condividano, assumendo quindi una forza sempre maggiore che le aziende non avrebbero potuto ignorare a lungo. Un esempio della forza del fenomeno grassroots lo si può trovare nella scelta di marketing della multinazionale Nike, la quale nel 1997 ha percepito il cambiamento ed ascoltato i suggerimenti che provenivano dai clienti stessi e, contro ogni logica di marketing del periodo, ha deciso di cambiare la propria strategia conferendo il potere della creazione anche ai clienti tramite il servizio NikeiD(1) reso pubblico nel 1999.
Oggi il fenomeno grassroots si è affermato saldamente nella nostra società.
Lo scenario socioculturale che la Generazione Z sta definendo, improntato sulla cura delle persone, la salvaguardia del pianeta, delle specie che lo abitano e della trasparenza, porterà inevitabilmente lo scenario del mercato ad assumere un nuovo paradigma, impensabile fino ad oggi, in cui i concetti di concorrenza e fidelizzazione diventano obsoleti.
Grazie alle tecnologie sempre più umane che permettono alle persone di soddisfare in maniera più efficiente ed efficace i propri bisogni e desideri, stanno iniziando a trasformarsi i rapporti tra le aziende e le persone, con le prime che da fornitori diventano partner.
Ciò porta inevitabilmente all’abbandono della teoria della piramide della visibilità che per oltre cinquant’anni ha caratterizzato la società del consumo in favore di una nuova piramide della credibilità(2).
La prima si basava sul concetto di “comunicazione” intesa come capacità di persuadere gli individui ad accettare le idee imposte dalle aziende. La seconda si basa invece sul desiderio delle persone di diventare protagoniste del cambiamento ed essere per questo riconosciute, mettendo alla base di questa nuova piramide la “relazione”, vale a dire uno scambio costante di feedback tra le persone e le aziende. È proprio questo il motivo per cui il ruolo della tv sta gradualmente perdendo rilevanza, facendo posto ai social network.
Se un tempo ogni pensiero o progetto doveva passare attraverso il filtro televisivo per essere reale, oggi invece viene percepito come vero ciò che arriva dagli amici, dai conoscenti o più in generale dalla “vita reale”, che trova il suo perfetto spazio, potenzialmente sconfinato, sulle piattaforme social.
Ne abbiamo già parlato precedentemente ma è importante sottolinearlo, la fidelizzazione sta subendo un processo di obsolescenza proprio a causa della nuova struttura socio-culturale che non ha più spazio per “consumatori passivi” che subiscono le strategie di marketing pianificate a tavolino al fine di ottenere un’adesione incondizionata al messaggio del brand. Al suo posto assume sempre più rilevanza il processo di “riconoscenza”, salto evolutivo della relazione sopracitata, in cui l’individuo prova per il brand un sentimento che fino ad oggi è sempre stato relegato ai rapporti intimi fra le persone.
La riconoscenza avviene quando vi è un comportamento particolarmente generoso e inaspettato che crea un potente legame di fiducia con i consumatori. È in questo nuovo contesto che assume importanza il concetto del “doing good”. La Generazione Z è in cerca di brand che aderiscano ai propri ideali e che contribuiscano concretamente ad aiutare il mondo a diventare un posto migliore. È qui dunque che si gioca il vero legame tra brand e consumatore, riuscendo ad ottenere la riconoscenza di quest’ultimo sorprendendolo con azioni inaspettatamente positive. Un esempio menzionato precedentemente è quello dell’azienda di calzature TOMS(3) che, proporzionalmente alla vendita delle proprie scarpe, ne invia altrettante nei paesi bisognosi. O ancora l’azienda iRobot, celebre per il proprio robot aspirapolvere “Roomba”, che ha avviato nel 2016 una partnership con numerose organizzazioni per la salvaguardia degli ecosistemi marini per creare dei robot in grado di fronteggiare il problema sempre maggiore dell’invasione dei pesci scorpione nell’Oceano Atlantico. Sono proprio queste le iniziative che fanno oggi breccia nelle menti e nei cuori della Generazione Z, che spingerà poi i propri genitori, responsabili degli acquisti, a sostenere la suddetta azienda.
Non vi è quindi più spazio per un concetto obsoleto come la “concorrenza”, ma ci si muove verso un mercato dove le aziende iniziano ad attuare collaborazioni tra loro per migliorare il mondo e le vite dei consumatori, i cui bisogni diventano il nuovo fulcro d’interesse nonché unico obiettivo da perseguire per le aziende stesse, proprio come hanno fatto Philips e Qualcomm Life(4). Tutte le trasformazioni degli scenari descritte finora, costituiscono il materiale grazie al quale sono arrivata ad elaborare una mappa di insight volta a suggerire alle aziende in che direzione muoversi nel prossimo futuro e quale tipo di approccio adottare per conquistare la Generazione Z.
A presto!
CF
1. NikeiD, vai all'articolo “Il valore delle generazioni nei piani di marketing” del 26 Maggio 2017.
2. Morace Francesco (2016), ConsumAutori, Egea.
3. TOMS, vai all'articolo “Generazione Z: Doing Good” del 14 luglio 2017.
4. Philips e Qualcomm Life, vai all'articolo “Generazione Z: Doing Good” del 14 luglio 2017.