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Features Gen. Z
Smart, fresh, live

Art
Jackson Pollock, 1943
"Il Murale"

Chiara Franchi

23 giu 2017

Video: passa tempo o nuova forma di socializzazione?

In un contesto tanto impegnato e stressante, qualunque strumento possa semplificare la vita viene preferito della Generazione Z. 

Seguendo questa necessità, i brand più attenti hanno realizzato delle applicazioni per smartphone al fine di permettere loro di risparmiare tempo in determinate situazioni. 

Un esempio lo si può trovare nella catena di pizzerie americana Domino’s Pizza(1) 

la quale, nel 2014, ha registrato un incremento delle vendite pari all’11% lanciando il suo assistente vocale “Dom”, creato appositamente per poter ordinare le pizze tramite chat vocale comodamente durante lo svolgimento di qualunque altra attività.

In una società sempre più propensa a svolgere numerose attività contemporaneamente, coadiuvata dai dispositivi tecnologici, le aziende devono quindi cercare di “agevolare” tale realtà multitasking, introducendo sistemi o strumenti che aiutino le persone e le spingano quindi a scegliere il loro prodotto non solo per qualità o fedeltà al brand ma anche per convenienza e praticità, seguendo quindi il motto il tempo è denaro

La Generazione Z predilige contenuti video piuttosto che contenuti testuali come invece succede per i Millennials. La loro fruizione è estremamente variegata e spazia da video di brevissima durata, come per esempio i “Vine”, a quelli di durata ben maggiore. 

La pervasività ed importanza che hanno assunto questi video ha portato ad una forma di “Dark Social” i cui dati non possono essere analizzati tradizionalmente, complicando non poco la fase di analisi da parte delle aziende.

I giovani della Generazione Z utilizzano questi contenuti video non solo come fonte di cultura, ma come strumento di socializzazione. 

I video vengono preselezionati per poi essere condivisi, di persona, con amici e parenti al fine di creare o fortificare legami reali. Tale rapidità di fruizione di contenuti video ha portato ad un’evoluzione degli stessi sotto diverse forme e attraverso diversi strumenti. Parallelamente alla crescita della forza delle immagini si è sviluppato un secondo linguaggio, quasi nativo, del mondo online: gli “emoji”(2).


Questi ultimi hanno invaso il mondo online diventando onnipresenti in ogni piattaforma social esistente grazie alla loro capacità di esprimere sinteticamente ed efficacementeemozioni e toni di conversazione, facilitando così l’interazione virtuale. 

Il WWF nel 2015 ha lanciato una campagna di sensibilizzazione sulle diciassette specie in via di estinzione, utilizzando le emoji che rappresentassero gli animali in questione. Attraverso l’hashtag “#EndangeredEmoji” usato su twitter, l’utente riceveva da parte del WWF un tweet di risposta con maggiori informazioni su come effettuare donazioni per l’animale a cui si desiderava dare aiuto. In un anno le emoji di questo tweet sono state usate 202 milioni di volte su twitter, determinando quindi il successo della campagna. 

Secondo quanto detto sopra, la nascita di nuove forme di video ha contribuito alla rivalutazione delle “Gif” e alla nascita dei sopra citati “vines”. 

La forza di tali strutture di contenuto la si può riscontrare nella loro brevità che costringe gli utenti e le aziende ad utilizzare un’elevata creatività per creare contenuti efficaci.


Un brand che ha saputo sfruttare tale forma di comunicazione, lanciando nel 2015 “Gifony” (sinfonia di Gif), è stato Toyota. Unendo l’efficacia delle Gif e l’interazione con gli utenti, l’azienda ha permesso a chiunque di diventare un Dj, componendo della musica con i suoni della fabbrica in attività, permettendo così all’utente di creare e di entrare virtualmente all’interno della fabbrica ad osservare i processi di costruzione delle automobili, dalla creazione del concept al prodotto ultimato(3).

La fame della Generazione Z di esperienze ed informazioni ha portato inoltre allo sbocciare di numerose app di live streaming. Attraverso app come “Periscope” e “Meerkat” gli utenti hanno soddisfatto la propria sete di condividere esperienze reali live. Le aziende, al tempo stesso, hanno ottenuto uno strumento estremamente accessibile ed economico per poter trasmettere i propri contenuti in diretta, permettendo di mostrare ad esempio il dietro le quinte o tutti quei processi di creazione che vi sono prima di arrivare ad un prodotto finito. Tali dirette rientrano nella sempre più diffusa categoria di contenuti effimeri. 

Il forte bisogno di privacy in un’epoca in cui tutto è reperibile online, ha portato la Generazione Z a muoversi verso la ricerca di forme di comunicazione che non possano essere archiviate eternamente nei server di Internet. 

Troviamo quindi accanto alle app di live streaming altri programmi di messaggistica i cui contenuti, una volta condivisi, si “autodistruggono” nell’arco delle 24 ore, richiamando in un certo modo le conversazioni che avvengono nella vita reale dove non vi è alcun archivio se non quello della memoria dell’individuo. Tra queste app, la pioniera di maggior successo è sicuramente “Snapchat”. Grazie ai filtri “Labs”, essa permette agli utenti di giocare con la propria immagine e condividere le storie sul proprio account con una permanenza massima di 24 ore. I giovani della Generazione Z utilizzano l’app per partecipare alla quotidianità di coloro che seguono. Attori e personaggi dello spettacolo sono infatti gli utenti con il più alto numero di follower. 

Instagram, un’altra piattaforma di condivisione online, ha nel 2016 inaugurato la sezione “storie” in cui, sulla scia del successo di Snapchat, introduce la possibilità di raccontare i propri momenti di vita ai follower, permettendo inoltre di personalizzarli aggiungendo emoji, hashtag, geolocalizzazione, filtri colore, testo, disegni ed animazioni simili ai filtri “Labs” di Snapchat, i quali inseriscono effetti ed elementi grafici per alterare una ripresa reale o “distorcere” un volto. 

Attraverso funzioni “boomerang” e “rewind” l’app permette inoltre agli utenti di dar sfogo alla propria creatività fornendo strumenti tipici di una vera e propria postazione di montaggio per creare degli effetti originali. Dal 21 Novembre 2016 è stato inoltre attivato il servizio “Live Stories” in cui gli utenti Instagram possono realizzare una diretta in streaming dalla durata di massimo un’ora. 



Un effetto collaterale di un tanto vasto uso dei social network e live stories è il così detto fenomeno “F.O.M.O.” , acronimo di “Fear Of Missing Out”, la paura di essere tagliati fuori. Il sociologo Andrew Przybylski è stato il primo, insieme ad altri ricercatori, a dare una definizione a questo disordine psicologico che caratterizza molti utenti dei social network. 

F.O.M.O. è di fatto una nuova forma di complesso di inferiorità alimentato dall’osservazione compulsiva delle vite degli altri sui social.

“La F.O.M.O. è sempre esistita. Ma l’avvento dei social network ha peggiorato questa paura. Gli utenti possono essere letteralmente consumati dal bisogno ossessivo di controllare ciò che gli altri fanno. Un bisogno talvolta ingiustificato ma che, se non viene soddisfatto, può causare una vera e propria crisi di astinenza” (4).

A presto

CF


 

1. http://www.prnewswire.com/news-releases/meet-dom-the- virtual-voice-ordering-assistant-for-dominos-pizza-278235881.html “Meet Dom: the virtual voice ordering assistant for Domino’s Pizza” 6 Ottobre 2014.

2. Termine derivante dai caratteri giapponesi e (picture/immagine) moji (Character, letter/ personaggio, lettera).Stile comunicativo creato dall’impiegato giapponese di una compagnia di telecomunicazioni, Shigetaka Kurita.

3. https://youtu.be/8-hjS-EgeE0

4. Ilaria Betti, Huffington Post, 14 Ottobre 2013, http://wwwhuffingtonpost.it/2013/10/10/fomo-fear-of-missing-out-la- dipendenza-dai-social-network-_n_4078127.html

 

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