
Art Manifesto
Michael Jordan, 1984
"Nike Air Jordan"
Chiara Franchi
21 lug 2017
Lo storytelling si evolve in storylive
Una generazione attiva, che cresce rapidamente ed ha i mezzi per condividere le proprie idee e creare potenti network su scala globale: la Generazione Z ha effettivamente tutte le potenzialità per diventare competitiva sul mercato del lavoro fin da un’età ben più giovane delle generazioni precedenti. Essa è costellata di individui che ogni giorno si impegnano per il proprio successo personale, non più sognatori come la generazione Y ma realisti, desiderosi di indipendenza e di dimostrare fin da subito di poter trasformare le proprie passioni in veri e propri lavori.

Ed è così che la passione per la moda di un ragazzino di soli 12 anni, Moziah Bridges, si tramuta in un business da 150mila dollari ideando e vendendo papillon. Tramutando un interesse in qualcosa di concreto, Moziah è riuscito a portare la propria attività, inizialmente basata sulla vendita dei papillon ad una ristretta cerchia di amici e parenti, su un livello imprenditoriale sbalorditivo, grazie all’e-commerce di prodotti artigianali “etsy.com” e agli accordi siglati con i negozi locali. Se un ragazzino di 12 anni riesce oggi ad avere un’attività con cinque dipendenti, è merito non solo della tecnologia, ma della società stessa che muta, conferendo un enorme potenziale a chiunque sappia imbrigliarlo. Non appare dunque strano che tale generazione rifiuti i classici modelli gerarchici che tutt’ora regolano il mondo del lavoro e dia maggior importanza alla creazione di una vasta rete sociale di individui intorno a sè.
Lavorare per altri diventa quindi meno allettante del creare un proprio business in cui poter dar sfogo alle proprie capacità e potenzialità.
Secondo un’indagine statistica della GALLUP HOPE basata su 1.009 studenti statunitensi, infatti, il 42% della Generazione Z ha già in mente di avviare un business, con un 3% che già ne ha avviato uno(1). Molti di essi si sentono già pronti per il lavoro e più della metà frequenta regolarmente corsi extrascolastici o dei tirocini per acquisire competenze specifiche e professionali. Elementi di ispirazione per questa generazione sono gli influencer sulle varie piattaforme di social network, superando di gran lunga le così dette “celebrità hollywoodiane”. Questi giovani preferiscono fidarsi di persone conosciute e che potrebbero appartenere alla propria cerchia di amicizie piuttosto che dei distaccati “vip”. I brand che decidono di affidare un proprio prodotto ad un influencer devono comunque trovare una forma di equilibrio, lasciandogli una certa libertà di espressione.

Si tratta di un passaggio importante poichè si passa da un marketing improntato sullo “storytelling” ad uno basato sullo “storyliving”. Per i brand si rende necessario quindi far leva sulla connessione emotiva tra l’influencer ed il prodotto in modo che quest’ultimo arrivi ad essere condiviso in maniera quasi spontanea nella cerchia dei follower. La tendenza a perdere attrattiva nel momento in cui un influencer entri nella sfera hollywoodiana dimostra chiaramente la sopracitata necessità di mantenere il rapporto influencer-follower quanto più “sincero e spontaneo” possibile. Un esempio di “youtuber” diventato famoso a partire dal 2014 è Felix Kjellberg, noto come PewDiePie, il quale conta ad oggi 57 milioni di follower attivi, e si stima abbia guadagnato solo nel 2014 ben 7,4 milioni di dollari. Molti altri utenti stanno raggiungendo tali livelli di successo ed è spesso a partire dai loro canali youtube che nascono delle vere e proprie aziende di successo.
A presto!
CF
1. https://www.operationhope.org/images/uploads/ Files/2013galluphopereport.pdf