Art
Olafur Eliasson, 2003
"The Weather Project"
Chiara Franchi
4 ago 2017
I driver del cambiamento che le aziende devono adottare sia sul piano strutturale che business
Gli scenari di cui si è parlato precedentemente demarcano una nuova fisiologia delle generazioni, una vera e propria rivoluzione generazionale. Assiomatica la rilevanza che questa cosiddetta “rivoluzione sommersa” avrà a partire dal 2020 nell’ulteriore ridefinizione degli scenari mondiali di consumo, istruzione e lavoro. La Generazione Z conta più di 2 miliardi di esponenti in tutto il mondo ( nei soli Stati Uniti sono 65 milioni1, in Italia più di 11 milioni(2)) i quali rappresentano il 40% dei consumatori dell’Europa, degli USA e dei Paesi BRIC(3).
Sulla base di quanto detto fin qui, i giovani della Generazione Z sono cresciuti accompagnati dalla tecnologia, la quale ha radicalmente cambiato il loro comportamento mentale che “ognuno di loro ha assorbito come parametro del pensare, decidere e valutare”(4).
Sono la prima generazione “mobile-first” ed inoltre danno un’importanza capitale alla personalizzazione, alla rilevanza e all’etica. Sono stati definiti indipendenti, parsimoniosi, informati, industriosi, motivati, ambiziosi ed impegnati a costruire un mondo migliore. Nonostante siano cresciuti immersi nella tecnologia, sono straordinariamente gelosi della loro privacy.
La Generazione Z è il “core target” del prossimo futuro, è la generazione che, a partire dal 2020, influenzerà maggiormente le strategie di marketing aziendali e che, già da qualche anno, influenza le scelte d’acquisto, secondo la “US Chamber of Commerce Foundation”, per 600 miliardi di dollari nei soli USA, con una capacità di spesa autonoma di 43 miliardi di dollari(5). Questa generazione, volto della sopra citata “rivoluzione sommersa”, dai cospicui ed interessanti numeri, non è solo il futuro core target del consumo ma è la futura società del primo mondo e pertanto scuole, aziende, posti di lavoro pubblici e privati devono, alla luce di quanto detto, rinnovarsi e trasformarsi così come si è trasformato lo scenario di cui fanno parte.
Fiducia, coinvolgimento, “work-life balance” e responsabilità sociale sono i driver che devono adottare le aziende, non solo per attrarre a sè questa generazione ma, in termini di evoluzione aziendale, per trattenere questi giovani, futuri lavoratori.
Secondo Katiuscia Cardinali, Executive Director di Page Executive(6),“ è importante che i CEO e i decisori aziendali abbiano coscienza del fatto che, entro il 2020, il 50% dei rappresentati di questa generazione sarà parte attiva delle aziende e contribuirà alla crescita del business”. Secondo l’Edelman Trust Barometer(7), in Italia la credibilità dei CEO è del 28% contro un 37% rispetto alla media globale, segno di un calo di fiducia maggiore rispetto ad altri Paesi. Da questo studio si evidenzia come i CEO debbano necessariamente ridefinire al più presto le loro strategie. La Generazione Z, cresciuta e formatasi in un contesto socioculturale liquido e interconnesso, ha aspettative elevate nei confronti delle aziende e dell’organico che le costituisce, tuttavia la realtà attuale del mondo dell’impresa non è “all’altezza” della preparazione sempre maggiore e altamente tecnica che caratterizza questa nuova generazione.
Schemi gerarchici, funzionali e difensivi caratterizzano ancora oggi la maggior parte delle aziende, impedendo così quell’evoluzione aziendale necessaria per garantire quello che Roberto Panzarani(8) definisce “Conquista sociale dell’impresa”(9). Panzarani evidenza come le esperienze che ogni giorno caratterizzano le società, come “l’Internet of Things”, la “Smart City”, lo “Smart Building”, lo “Smart Working”, siano la possibilità di vivere in modo nuovo rispetto al passato. Queste esperienze però, ad oggi, non vengono ancora vissute con consapevolezza, per cui il quotidiano viene affrontato con gli stessi schemi mentali del passato generando delle interferenze che bloccano il processo d’innovazione sociale.
Si tratta quindi, secondo “l’Executive Trends 2017”, prodotto da “Page Executive”, di ripartire dalle caratteristiche, dai bisogni, dal modo di lavorare e dalle aspirazioni di questa nuova generazione che si appresta ad entrare nel mondo del lavoro al fine di capire come questa inciderà sulle strategie di HR(10) e come i CEO dovranno ridefinire le loro strategie, soprattutto dopo il calo di fiducia evidenziato dalla sopra citata ricerca dell’Edelman Trust Barometer.
Una caratteristica performativa della Generazione Z è la fiducia reciproca. Le aziende devono quindi essere il più possibile trasparenti ed oneste, nei limiti del proprio dovere, al fine di trasmettere un’immagine coerente con la mission e la vision aziendali. Inoltre per la Generazione Z è estremamente rilevante il “work-life balance”. In una video intervista(11) di Randstad USA(12), viene messa in evidenza l’inconsapevolezza ed i pregiudizi che vi sono radicati nell’organico aziendale, causa di un mancato dialogo fra le due parti. Il “work-life balance” è la necessità di trovare un ambiente lavorativo collaborativo,uno “smart working” con cui confrontarsi e crescere insieme. Secondo Raphael Asseo, responsabile delle risorse umane in Europa per Page Executive, la Generazione Z mette al centro l’etica, la diversità e l’equilibrio tra lavoro e vita privata per decidere su quale azienda focalizzare il proprio interesse. Inoltre, le aziende tendono a lavorare ancora con una mentalità tipica dello scorso secolo, vale a dire quella del “lavoro da eseguire”.
Questi giovani invece vogliono contribuire, insieme alle cariche più alte, al processo creativo e decisionale, non vogliono più svolgere un lavoro fine a se stesso ma vogliono essere guidati a migliorare per sè e per l’azienda stessa.
Questo bisogno deve portare le aziende a focalizzarsi sulle proprie strutture interne, apportando dei cambiamenti ai propri modelli strutturali e di business. Un ultimo aspetto che le aziende devono tenere in considerazione è l’attenzione che la Generazione Z ha nei confronti delle tematiche della sostenibilità sociale ed ambientale nel concreto. Nel mondo anglosassone viene chiamata “Corporate social responsibility” e corrisponde alla responsabilità sociale dell’azienda, conosciuta anche come CSR. La Generazione Z valuta le aziende sia per le scelte di consumo che per le scelte lavorative e di crescita, ma anche per il reale livello di benefit che l’azienda apporta alla comunità o in generale nella società. É quindi importante che i promotori delle iniziative di CSR siano gli stessi CEO, al fine di trasmettere l’amore e l’attenzione che promettono verso la crescita ed il rispetto del territorio in cui operano e della comunità che ne fa parte.
A presto!
CF
1. Dati estrapolati da https://www.visioncritical.com/generation-z- statistics/
2. Dati ISTAT, 1 Gennaio 2016, elaborazione TUTTITALIA.IT http://www.tuttitalia.it/statistiche/popolazione-eta-sesso-stato- civile-2016/
3. Acronimo utilizzato in economia internazionale per riferirsi unitamente a Brasile, Russia, India e Cina.
4. Francesco Morace cit. “ConsumAutori”.
5. https://www.uschamberfoundation.org/sites/default/files/article/ foundation/MillennialGeneration.pdf
6. Page Executive è la divisione boutique di PageGroup, specializzata nella ricerca e selezione di top manager. http://www.pageexecutive.com/sites/pageexecutive.com/files/8%20 Executive%20Trends%20for%202017%20Final.pdf
7. http://www.edelman.com/trust2017/
8. Docente di “Innovation Management” e Presidente dello Studio Panzarani & Associates, società di consulenza strategica per aziende.
9. Roberto Panzarani (2015), Humanity: La conquista sociale dell’impresa, Palinsesto, Roma.
10. Human Resource – Risorse Umane.
11. https://youtu.be/K1HyDn7dZ1o
12. Randstad agenzia del lavoro.